Kant

KANT

Kant nasce il 22 aprile 1724 a Konigsberg dove trascorre l'intera esistenza dedicandosi agli studi e all'insegnamento, e muore nel 1804. 
 Lui seguiva due correnti diverse di pensiero: 
  • il criticismo
  • precritica
In questo periodo Kant si forma sui testi dei razionalisti e degli empiristi. Infatti studia la metafisica di Leibniz e approfondisce la fisica di Newton. Kant dopo aver analizzato le due correnti più importanti comincia a nutrire i primi dubbi sulla validità della metafisica, fino a dichiarare di essere stato svegliato dal ''sonno dogmatico'' grazie alla lettura di Hume. Scrive quindi il saggio intitolato Sogni di un visionario chiariti con i sogni della metafisica, in cui giudica la metafisica non meno illusoria dei sogni di un visionario. 
  Secondo Kant l'uomo può conoscere in modo obiettivo soltanto ciò che concerne l'esperienza fenomenica, cioè tutto quello che rientra nella sfera della sensibilità, i cui materiali sono organizzati dal soggetto attraverso specifici strumenti intellettivi.
 L'opera fondamentale di Kant è la Critica della ragion pura;  a essa seguono la Critica della ragion pratica e la Critica del giudizio.
L'indagine della ragione è una questione che Kant affronta nella prima delle sue Critiche, in cui indaga a fondo il rapporto tra la conoscenza sensibile e quella razionale.  Il punto di partenza della sua indagine è la domanda intorno alla possibilità della metafisica come scienza. A questo scopo, il filosofo intuisce un processo alla ragione stessa, per vagliare le fonti da cui possiamo validamente attingere per le nostre conoscenze e stabilirne al tempo stesso i limiti. 
Kant osserva che la scienza produce conoscenze affidabili in quanto si basa su giudizi sintetici a priori.  Questo implica che nell'atto conoscitivo intervengano due aspetti:
  • un contenuto empirico, costituito dalle impressioni sensibili derivanti dall'esperienza 
  • forme a priori, cioè delle modalità con cui la mente umana ordina e unifica tali impressioni
Questa visione della conoscenza comporta un ribaltamento dei rapporti tra soggetto e oggetto: se infatti nella precedente riflessione era la mente a doversi adeguare alla realtà, ora è la realtà che, nell'atto conoscitivo, si deve adeguare alle facoltà umane attraverso cui è percepita e ordinata, detta anche rivoluzione copernicana
 Kant analizza le due forme valide di conoscenza, quella sensibile e quella intellettiva, rispettivamente nelle due parti della Critica della ragion pura intitolate Estetica Trascendentale e Analitica Trascendentale. Le forme a priori vengono individuate nello spazio e nel tempo: esse sono le condizioni in virtù delle quali si percepiscono gli oggetti. Più in particolare, lo spazio è una rappresentazione a priori che sta a fondamento di tutte le intuizioni delle cose esterne; il tempo invece è un'intuizione pura che sta alla base della percezione dei nostri stati interiori. La sensibilità costituisce il primo gradino della conoscenza, ma per ottenere la conoscenza autentica dobbiamo spingerci oltre il pensiero, il quale si articola a sua volta in intelletto e ragione. E' grazie all'attività ''sintetica'' dell'intelletto che gli oggetti da noi intuiti vengono unificati attraverso i concetti puri o categorie. Per Kant la sensibilità e l'intelletto sono indispensabili alla conoscenza: l'esperienza senza i concetti è cieca, mentre i concetti senza l'esperienza sono vuoti.


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Nella Critica della Ragion pratica secondo Kant il criterio dell'azione risiede nell'uomo, in particolare, in una legge morale iscritta nel suo animo quale ''fatto della ragione'' incondizionato e universale, che s'impone come un dovere. Distinguendo tra imperativi ipotetici (condizionati, del tipo ''se vuoi essere onorato, rispetta la parola data) e imperativi categorici (incondizionati, del tipo ''non mentire mai''), Kant sostiene che la morale si fonda solo e unicamente su questi ultimi. L'etica di Kant si configura come un'etica ''formale'', in quanto non prescrive comportamenti particolari, bensì solo la ''forma'' delle azioni morali devono corrispondere al principio di universalizzazione, secondo il quale un'azione si può definire morale se possiamo volere che essa divenga una norma del comportamento di tutti gli uomini. Kant sostiene che i giudizi si distinguono in tre tipologie
  1. analitici, in essi il predicato esplicita solo il contenuto del soggetto e possiedono universalità e necessità ma non accrescono il sapere
  2. sintetici a posteriori, in essi il predicato aggiunge novità al soggetto e accrescono il sapere ma sono particolari e contingenti
  3. sintetici a priori, accrescono il sapere e sono dotati di universalità e necessità
Nei giudizi sintetici a priori possiamo distinguere:
  • l'aspetto materiale, le impressioni sensibili che il soggetto riceve passivamente dall'esperienza
  • l'aspetto formale, le modalità a priori con cui la mente ordina attivamente le impressioni 
Questi giudizi affermano la rivoluzione copernicana, ovvero non è la mente a doversi adeguare alla realtà, ma la realtà a doversi adeguare alle modalità conoscitive del soggetto. 

La dottrina degli elementi è suddivisa in:
  • Estetica trascendentale, che studia la conoscenza sensibile, la quale è passiva e attiva al tempo stesso, infatti riceve dall'esperienza i dati percettivi e li organizza attraverso due forme: spazio, la forma del senso esterno, e il tempo, la forma del senso interno 
  •  Logica trascendentale, suddivisa a sua volta in; 
  1. Analitica trascendentale, che studia la facoltà dell'intelletto e consente di unificare le intuizioni sensibili sotto le 12 categorie, la legittimità della loro applicazione è giustificata con la deduzione trascendentale, secondo cui tutto il processo conoscitivo è fondato sull'io penso, il legislatore della natura intesa come realtà fenomenica distinta dalla realtà noumenica
  2. Dialettica trascendentale, studia la ragione e cerca di superare i limiti dell'esperienza attraverso: l'unificazione dei dati del senso interno, ovvero idea dell'anima; l'unificazione dei dati del senso esterno, ovvero l'idea del mondo; l'unificazione dei dati del senso interno ed esterno, ovvero l'idea di Dio
Nella Critica della ragion pratica si afferma che: 
  • la legge morale è un ''fatto della ragione'', è incondizionata e universale e ha la forma del ''comando'' perché deve contrastare la sensibilità e gli impulsi egoistici
  • la ragion pratica coincide con la volontà, che è la facoltà che permette di agire sulla base di principi normativi, ovvero le massime, prescrizioni di carattere soggettivo, e gli imperativi, prescrizioni di carattere oggettivo, distinti a loro volta in imperativi ipotetici e imperativi categorici
  • l'azione è morale quando è compiuta solo in vista e per rispetto del dovere e soddisfa il principio di universalizzazione ampliato attraverso le tre formulazioni dell'imperativo categorico, che impongono di agire:
  1. ''soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale''
  2. ''in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo
  3. in modo tale che ''la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice''
  • la moralità richiede la conformità al dovere ma anche la convinzione interiore, in essa l'uomo si eleva al di sopra del sensibile e delle leggi di natura e su di essa si fonda la religione, infatti le principali dottrine religiose sono postulati della ragion pratica, ovvero, l'esistenza di Dio garantisce la possibilità del sommo bene, e l'immortalità dell'anima garantisce la realizzabilità del sommo bene.
 Nella Critica del guidizio si analizza la facoltà del sentimento intesa come organo dei giudizi riflettenti, i quali si distinguono da i giudizi determinanti, che determinano l'oggetto fenomenico unificando il molteplice attraverso le categorie dell'intelletto, e si distinguono in giudizi estetici e giudizi teleologici
Afferma anche che 
  • il giudizio estetico nasce dal sentimento, esso è contemplativo e disinteressato e universale, infatti in tutti gli uomini esiste un senso comune, il quale coglie l'accordo tra l'immagine della cosa e le nostre esigenze di unità e finalità
  • il sublime è il sentimento dell'illimitato e si distingue in
  1. sublime matematico, che ha per oggetto la ''grandezza della natura''
  2. sublime dinamico, che ha per oggetto la ''potenza della natura''
  • il giudizio teleologico deriva da un'esigenza insopprimibile del soggetto, il quale è portato a supporre la presenza di un fine intrinseco nel mondo organico





  

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